Aaron. Un cane lasciato morire di stenti
Aaron era un pit bull di sei anni. È morto a fine febbraio 2025 in una clinica veterinaria di Como, poche ore dopo un intervento chirurgico d’urgenza. Aveva ingerito due chili di plastica, tessuti, gomma, stracci. Era ridotto pelle e ossa: da 40 a 14 chili. Il suo corpo non ha retto.
La storia di Aaron non è quella di un cane semplicemente abbandonato. È una catena di responsabilità disperse, di assenze, di indifferenza. Di quelle tragedie che si consumano nel silenzio, finché è troppo tardi.
Dopo l’arresto del suo proprietario, Aaron rimase nell’abitazione. Fu la sorella del detenuto a prendersi carico della situazione, pur non potendo ospitarlo personalmente. Scelse di affidarlo a una conoscente, una donna che all’inizio si dimostrò disponibile e tranquilla, senza segnali evidenti di pericolo.

Per mesi, la sorella cercò di fare il possibile: portava cibo e soldi alla donna, chiedeva aggiornamenti e riceveva foto e video del cane. Solo dopo si scoprì che quelle immagini erano vecchie. La donna, nel frattempo, aveva di fatto abbandonato Aaron nell’appartamento, senza cure, né attenzioni, né cibo. Col passare del tempo, smise di rispondere.
La verità è emersa quasi un anno dopo. Fu il padre della donna ad accorgersi della situazione e a entrare in casa. Davanti a lui, Aaron: vivo, ma stremato. Circondato dai suoi stessi escrementi. Disidratato, scheletrico, senza forze.

Il cane fu trasferito in una clinica veterinaria, dove si tentò l’impossibile. I medici scoprirono che aveva ingerito tutto ciò che poteva per sopravvivere: plastica, oggetti, materiali non commestibili. La massa estratta dal suo stomaco pesava quasi due chili. Era troppo tardi.

Aron è morto poche ore dopo.
Il caso ha scosso l’opinione pubblica. La LAV (Lega Anti Vivisezione) ha presentato una denuncia contro la donna che aveva in custodia il cane e ha richiesto alla Commissione Giustizia del Senato un inasprimento delle pene per chi maltratta o abbandona gli animali. Oggi in Italia, in casi come questo, le sanzioni sono spesso minime.
Aaron non è stato dimenticato. Ma non è stato salvato in tempo. È morto per fame, per solitudine e per ciò che nessun cane dovrebbe mai conoscere: l’indifferenza.
Ricordarlo oggi è un dovere.
Cambiare le cose, una responsabilità collettiva.
